? In questo tutorial I Pasticciotti ti insegnano a realizzare delle marionette di carta per dita con cui potrai inventare tante storie divertenti. Sarà come andare a teatro! ?? Seguici anche su Facebook! https://www.facebook.com/Pasticciotti.it Music: https://www.bensound.com ... https://www.youtube.com/watch?v=f7Vi1fZYKgQ

Today we’re talking about Christmas in the UK At Christmas, people decorate the house. They hang baubles on Christmas tree and put a star on the top ?? On Christmas Eve, children hang stockings on the fireplace, so that Father Christmas can fill them with small toys and candies ?? The night before Christmas, Father Christmas brings presents for children and leaves them under the tree ??? Next morning, it's Christmas Day and children open their presents ? After the presents, the family pulls the Christmas crackers: inside there are little gifts, a joke and a Christmas hat ?? Christmas dinner is in the afternoon. British people eat turkey with cranberry sauce and vegetables like carrots, Brussels sprouts and roasted potatoes ??? Then, they eat Christmas pudding, which is the most traditional dessert ? So, that is Christmas in the UK! Merry Christmas! ?? Seguici anche su Facebook! https://www.facebook.com/Pasticciotti.it e su Instagram: i_pasticciotti_it ?? MUSIC: Jingle Bells 7 di Kevin MacLeod è un brano concesso in uso tramite licenza Creative Commons Attribuzione 4.0. https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/ Artista: http://incompetech.com/ ... https://www.youtube.com/watch?v=xF6ApSjyqjg

Al di là del Male, di Francesca Buraschi Subito dopo l’arrivo ad Aushwitz, una SS ci mise in fila, alla ricerca di gemelli, nani o altri bambini con caratteristiche particolari. Mia madre era felice che mi avessero scelta per la mia pelle color della neve, per i miei occhi rosati e per i miei capelli bianchi. Così, senza troppo riflettere, mi diede il suo ultimo bacio e mi consegnò alla guardia, pensando che grazie alla mia diversità avrei avuto un trattamento preferenziale. E in effetti, non si sbagliava, perché le guardie ci accompagnarono in una baracca dove il cibo era buono e i letti abbastanza comodi. Inoltre, potevamo lavarci regolarmente. Insieme a me c’erano due coppie di gemelli: Ingrid e Astrid, con cui feci subito amicizia, e due maschietti di quattro anni che non facevano che piangere cercando la mamma. Poi c’era Otto, un bambino della mia età affetto da nanismo. Triste e taciturno, se ne stava sempre per conto suo. Diversi tra i diversi, eravamo stati separati dagli altri ebrei del campo perché ci volevano studiare, proprio come si fa con i topi da laboratorio. L’indomani, fummo condotti nell’ambulatorio del dottor Kovac. In seguito seppi che era un medico ungherese molto affermato, anch’egli deportato ad Aushwitz perché ebreo. Da qualche mese, però, era stato scelto dal comandante Hans come collaboratore e il suo compito consisteva nell’effettuare dettagliate autopsie sui deportati che venivano uccisi. Appena ci vide, il dottor Kovac non riuscì a nascondere il suo sdegno: fino a quel momento, infatti, non aveva mai dovuto condurre esperimenti su bambini. Tuttavia, sotto il rigido controllo delle SS che non lo lasciavano mai solo, fece finta di niente e si mise al lavoro. Per settimane, ci studiarono in tutti i modo possibili, con prelievi del sangue, misurazioni e dolorosissime punture lombari. Il dottore mi puntava la pila negli occhi e io, che ero ultra sensibile alla luce, non ci vedevo più per giorni. Una sera, i gemellini non tornarono nella baracca e ben presto furono rimpiazzati da un’altra coppia di gemelli. Unica bambina albina tra quelle piccole cavie umane, io restavo viva, ma mi chiedevo fino a quando lo sarei stata. Una volta conclusi quegli accertamenti dolorosi ed estenuanti, mi avrebbero uccisa? Anche alle mie amiche sarebbe toccata la stessa sorte? Avevo solo 10 anni, ma quei pochi mesi nel campo mi avevano fatta diventare adulta tutta in una volta. Poi, un giorno, il dottor Kovac mi disse di stendermi sul lettino e mi fece una puntura. Ricordo solo il suo sorriso e il suo volto che svaniva nella nebbia. Mi risvegliai sul rimorchio di un camion che stava percorrendo una strada dissestata. Non riuscivo a vedere niente, perché un pesante telo copriva il carico del rimorchio. A tastoni, cercai qualcosa di famigliare attorno a me e sentii un corpo umano, ancora caldo. Poi sentii che il corpo vicino a me si muoveva.. “Chi sei?”, sussurrai. “Sono Otto!”, rispose il mio compagno di sventure. Eravamo vivi entrambi e non poteva essere un caso. Il camion si fermò e i passi dell’autista si avvicinarono a noi. “State tranquilli”, disse una voce, “qui siete al sicuro”. L’autista ci prese in braccio uno alla volta e nel silenzio della notte ci portò dentro ad una stalla, dove una signora di mezza età con un sorriso dolcissimo ci fece accomodare su dei giacigli di paglia. Volevo fare domande, chiedere dove mi trovavo...ma ero troppo debole e confusa e persi i sensi. L’indomani fummo svegliati dal canto del gallo. Nel chiarore dell’alba, notai che accanto a me e a Otto c’erano altri quattro giacigli, in cui dormivano beatamente Ingrid e Astrid e altri due gemelli che non avevo mai visto prima. La signora della stalla ci portò del latte appena munto, pane e marmellata e ci raccontò l’incredibile storia del nostro salvataggio. Il dottor Kovac, con la complicità del signor Muller che riforniva il lager di patate, aveva architettato un piano perfetto: le sue iniezioni, apparentemente letali, ci avevano solo addormentati. Poi si era assicurato che i nostri corpi venissero caricati sul camion del signor Muller, che reputava aberranti le atrocità commesse dai nazisti, a maggior ragione su dei bambini. I signori Muller avevano sempre desiderato avere dei figli, ma il loro sogno non si era mai avverato. E mentre ci raccontava questa storia, gli occhi della signora Muller traboccavano d’amore, quell’amore che avrebbe tanto voluto donare ai figli che non aveva mai avuto. Restai alla fattoria fino all’aprile del 1945, quando gli alleati misero fine al regime nazista, liberando i pochi deportati che avevano avuto la fortuna di salvarsi. Andai a vivere in Ungheria da una zia, ma mantenni sempre i contatti con i signori Muller. Quanto al dottor Kovac, lo rividi dopo 10 anni alla facoltà di Medicina dell’Università di Budapest: io ero una matricola e lui era il mio professore di anatomia. Grazie al mio inconfondibile aspetto, capì immediatamente chi ero e dai suoi occhi scese una lacrima. ... https://www.youtube.com/watch?v=QcUcBAC_TQk

... https://www.youtube.com/watch?v=StBrP3GoZNw